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HARDBOILED

Grazie a Sam Stoner pubblichiamo un estratto dalla sua raccolta Noir “Linea d’ombra”. Un brevissimo racconto costruito solo da frasi prese in prestito dai principali capolavori Noir, tutti indicati alla fine ma non in ordine di inserimento quindi non vi resta che indovinare ogni singola frase a chi appartiene…

Buona lettura da StorieNoir




HARD BOILED

«Sui siti letterari» scrive Sam Stoner «si fanno incontri particolari. Un giorno durante una discussione affermai che James Ellroy fosse il più grande scrittore Noir contemporaneo. Uno dei partecipanti rispose quello che potete leggere qui sotto. Replicai con il breve gioiello che segue…»

Sam Stoner: “Io dico che James Ellroy è un genio.”

Anonimo: “… uno che dice di Ellroy che è un genio è solo uno a cui mancano gli elementi per sapere che genio non lo è, e che ha letto troppo poco hard boiled per capire che sta dicendo una cazzata.



Alla nascita ho puntato una 357 sulla fronte di quel cazzo di ostetrica che si era permessa di sculacciarmi, ho sputato per terra e ho detto: «Tesoro, provaci ancora e con quelle tue dita tozze e artritiche ci gioco a shangai.»
Sono cresciuto con la scritta McDonald che capeggiava sulla mia hammettiana capigliatura.
Niente hot-dog, solo tagliente ironia confezionata con Piombo&Pupe.
Più tardi, in un’afosa notte d’agosto mentre mi stavo titillando il prepuzio guardando pin-up mezze nude nei giornaletti scandalistici rubati nel negozio del barbiere, mi fece visita un tizio poco raccomandabile, ma di indubbio fascino. Grugnì il nome a denti stretti, capii soltanto Ray. Le sue suole westcoast, dopo aver ucciso l’ardente cicca sul tappeto, scivolarono fino a me con la calma della morte, i suoi occhi si piantarono nei miei e disse: «Farò bene a cominciare a svezzarti. Non sei più bambino» poi si voltò e penetrò nell’oscurità ancora calda.
Tornò a farmi visita in autunno, pressappoco alle undici del mattino, mezzo ottobre, sole velato, e una minaccia di pioggia torrenziale.
Cercava di farmi capire la differenza tra bene e male.
Afferrai il senso di quelle parole più in là, quando cominciai a maneggiare biscazzieri, malavitosi e pupe più pericolose di un cerino acceso in una tanica di benzina.
Erano tempi duri. E potevo fare affidamento solo su me stesso. Riuscii a destreggiarmi grazie alle dritte rubate a un reduce della guerra nel pacifico che si atteggiava a grand’uomo in un famoso bar del Village, in una New York più sfatta di una bionda dopo una selvaggia notte di sesso.
Lo trovavo sempre seduto al bancone a coccolare tra le mani un whisky e a sputare parole che nessun altro sarebbe stato in grado di capire. Lo chiamavano tutti il “martello di Dio”, neanche Dio ha mai voluto dirmi il perché di quel nome.
Il salto l’avevo fatto. Ero un uomo.
E con me, sempre la notte. Quella lieve pennellata di nero. L’ora della paura. Ombre che strisciano furtive come timide dita artigliate.
Il sipario era sceso, un sipario nero. Ora sapevo.
Le pallottole non erano più di piombo. Erano di disperazione e concupiscenza. Erano di solitudine e colpa. E quando tutto questo esplodeva nella testa, era meglio starsene lontani.
Soprattutto se ti trovavi in una fottuta città di provincia persa nella polvere del Texas.
Lì, il sole gioca brutti scherzi. E non sai mai quando il male arriva irrefrenabile e violento. Magari dietro un distintivo e la lucida follia della morte.
Così, per evitare di finire in una cella imbottita, saltai sulla mia quattro ruote macinando migliaia di chilometri solo per trovare un bulldog alcolizzato in una sgangherata bettola appena fuori Sonoma, California e ordinare una birra alla donna dietro il bancone.
Mi sono sempre stati simpatici i cani da bar.
Anche se è un bel pezzo che non ne vedo.
L’ultimo era a guinzaglio di Mickey Cohen. Il suo nome: Mickey Cohen Junior. Un bulldog spetazzante con un batacchio così grosso che gli scagnozzi di Mick lo assicuravano a un pattino a rotelle in modo che non strusciasse per terra.
Bei tempi. Ma che te lo dico a fare. Cazzo vuoi capirne. È roba per gente che non sa un cazzo di hard boiled…


Autori citati:
Raymond Chandler
Dashiell Hammet
Cornell Woolrich
Ross McDonald
Jim Thompson
Mickey Spillane
James Crumley
James Ellroy

Opere Citate:
Il grande sonno (1939) traduzione di Oreste del Buono
Sipario Nero (1941) traduzione di Simona Fefè
L’assassino che è in me (1952) traduzione di Anna Martini
Il club del vizio (1967) traduzione di Giordano Falzoni
L’ultimo vero bacio (1978) traduzione di Luca Conti
Notturni Hollywoodiani (1990) traduzione di Lidia Perria
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